GDV - 8 Luglio 2013

Il caro estinto e la vedova allegra. Comicità vincente per Il Covolo

TEATRO. Un debutto interessante a villa da Schio a Costozza per la compagnia di Longare

Alessandra Agosti LONGARE

Parte bene il nuovo lavoro de Il Covolo di Longare, che sabato ha debuttato nel giardino di Villa da Schio a Costozza di Longare con “Per colpa del Morbin”,

commedia scritta e diretta da Nicola Pegoraro, che torna a prendersela con la categoria dei medici dopo l'originale “Dei Ospital” e “Il malato immaginato” da Molière. Ed echi della lezione del francese davvero non mancano in questa messinscena, così come nitido è il richiamo a Dino Buzzati e alla sua vena surreale, visto che proprio a un racconto dell'autore veneto (“Il buon nome”, da “Le notti difficili”) si è ispirato Pegoraro in questa sua nuova prova. Quel che ne esce è un testo ben costruito, il cui merito maggiore sta nell'essere giocato su due distinti piani di comicità: l'una direttamente ereditata da Buzzati, paradossale, grottesca, velatamente noir e nuova per le corde de Il Covolo; l'altra più schiettamente popolare e familiare per il gruppo berico. Della storia, naturalmente, non sveleremo troppo. Diremo solo che l'inizio rivela già il finale: ci ritroviamo nel salotto elegante della contessa Eloisa Fossadoro, fresca vedova - già consolatasi - del conte Attilio. Il resto è un accurato flashback di quanto avvenuto nelle settimane precedenti, da una solenne ubriacatura dell'uomo fino alla sua prematura dipartita.Sul piano narrativo, Pegoraro crea una spirale sempre più ampia e folle di personaggi e situazioni, mantenendo un unico punto fisso: lo schietto senso pratico della cameriera Gisella, che assiste impotente al crescendo di pazzia collettiva che si scatena attorno al “caro estinto”, fra venali medici in carriera, cinici impresari di pompe funebri, carabinieri dal cuore tenero, preti, suore, volontarie della carità e orfanelle. Agli attori, invece, il compito di tradurre sul palco questo carosello di personaggi estremi, che richiedono le tinte di forti di un cartone animato grottesco ma anche la perizia di un abile chiaroscuro. Risultato? Già buono, a tratti molto; giusto con alcune interpretazioni un po' da calibrare e un ritmo che si olierà con le repliche. Vincenti i caratteristi Silvia Rigotto e Nereo Vencato, la prima a impersonare con brio la maliarda vedova Antonia, finta svampita e autentica mantide luciferina, il secondo a creare la gustosa macchietta dell'impresario funebre, oratoria da imbonitore e mimica irresistibile. Ben calati nella parte anche i due assistenti del professor Morbin (Giorgio Paina, bravo nel trasformarsi in marionetta nelle mani dei due vampireschi dottorini), interpretati da uno svolazzante Alberto Trevisan e da un'algida Marzia Bertinato. Simpatica infine, nella sua popolaresca goffaggine, la Gisella di Chiara Mazzaretto. Con loro, Enrico Savioli ed Elena Brotto (credibili conti Fossadoro) e ancora Valeriano Cabrelle, Angelo Pettenuzzo, Evaristo Gottardo, Maura Muraro, Clelia Menegon ed Elisa Rocco. Spettacolo originale, applausi meritati.

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